Patti: ad una settimana dalla scomparsa di Turiddu, l'«amico di tutti»
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Scritto da Redazione   
Lunedì 18 Aprile 2016 11:01
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Una settimana fa, lunedì 11 Aprile, Turiddu D'Amico concludeva la sua esistenza terrena. Ieri, domenica 17, alle ore 9,30 nella casa di riposo «Sciacca Baratta» il cappellano, padre Bettino Mancuso, ha celebrato la Santa Messa domenicale ricordano la vita semplice ed umile di Turiddu. Il nostro giornale, in edicola da sabato 16, ha dedicato a Turiddu la pagina dei «Personaggi illustri», pubblicando i tanti messaggi pervenuti in Redazione per ricordare una persona amata da tutti. Qui di seguito, per ricordare Turiddu, vi proponiamo l'editoriale del direttore Giancarlo D'Amico, pubblicato nel giornale «In Cammino» del mese di Aprile.

Lunedì 11 Aprile 2016 le porte del paradiso si sono spalancate, per accogliere Salvatore D’Amico, Turiddu per tutti, scomparso all’età di 85 anni presso la Casa di riposo «Sciacca Baratta» di Patti, dopo alcuni giorni di agonia, resa più lieve dall’affetto di chi gli è stato vicino. Ho voluto dedicare a lui questo editoriale, salutandolo con un aggettivo, «bellino» che lui usava spesso, in dialetto, «biddittu», relazionandosi con quanti incrociava (fino a quando la salute glielo ha consentito) durante i lunghi tragitti a piedi per le strade di Patti, con il suo inseparabile borsello, le immancabili sigarette e i tanti fogliettini, sistemati accuratamente con gli elastici, nelle capienti tasche dei pantaloni. Lui ha guardato sempre la vita con gli occhi di un bambino, con quello sguardo dei «poveri» di cui parla il vangelo delle beatitudini: “Beati i poveri in spirito - gli umili - perché di essi è il regno dei cieli”. Per Turiddu è stata una grande sapienza guardare la vita con lo sguardo evangelico. Lo ha aiutato a vivere ed anche a morire. Ritengo, senza ombra di dubbio, che le parole evangeliche che quel padrone disse al primo dei servi al momento del suo ritorno, nel momento del congedo da questa vita, sono state dirette soprattutto a Turiddu: “Vieni servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò potere su molto; entra nel gaudio del tuo signore” (Mt 25, 21).
Turiddu, queste parole, le ha ascoltate da Dio stesso mentre veniva accolto sulla soglia della città santa, la Gerusalemme del cielo. E così ha potuto prendere parte alla gioia del Signore. Nel giorno del funerale di Turiddu, non vi erano né moglie né figli a piangere lacrime di amore, perché Turiddu era solo; vi era come unico familiare il fratello Maurizio; non c’erano le «autorità», che magari presenziano soltanto alle esequie di uomini illustri o titolati (quando lui era il «più illustre e il più titolato» davanti al Signore), ma c’era la gente semplice,  i «suoi compagni» di vecchiaia della casa di riposo,  il personale che lo ha accudito fino all’ultimo istante, e tanti amici che gli hanno voluto sinceramente bene, perché lui voleva bene tutti. Sarebbe stupido e ingeneroso, oltre che ingiusto, dire che la vita di Turiddu non ha avuto senso; forse noi, che siamo superficiali, che non conosciamo la vita, che è sempre più grande di noi, non possiamo saperlo, ma io sono certo che la sua vita ha avuto un senso e ora che Turiddu si trova davanti a Dio ne apprende il significato e ne capisce la dimensione e la direzione. Per questo è stato scelto il vangelo delle Beatitudini per lui, nel giorno del suo funerale nella chiesa di San Nicola. Quale vangelo più appropriato per uno che, nonostante non avesse in sé alcun motivo per vivere, proprio per vivere si è fatto servizievole e utile per tante persone.

Signore nostro Dio, accogli Turiddu con la tenerezza del tuo cuore di Padre, e donagli di vivere nella luce e nella pace, là dove ciascuno è uguale al suo fratello. Guarda con benevolenza tutti quelli che l’hanno amato, circondato di affetto e curato. Infondici coraggio e forza per continuare a lottare insieme contro tutte le forme di povertà e di emarginazione.

                                    Giancarlo D’Amico




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