Tindari: 36 anni fa la visita del papa San Giovanni Paolo II
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Scritto da Giancarlo D'Amico   
Mercoledì 12 Giugno 2024 09:53
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Ricorre oggi il 36° anniversario del pellegrinaggio che Sua Santità Giovanni Paolo II il 12 giugno 1988 ha voluto compiere al Santuario della Madonna nera di Tindari. Per rievocare quella giornata di grazia, memorabile per la nostra Diocesi, pubblichiamo alcuni ricordi di Mons. Carmelo Ferraro, allora Vescovo di Patti, che accolse il Santo Padre a Tindari (nella foto all'uscita dal Santuario).

Il pellegrinaggio di Giovanni Paolo II a Tindari fu il frutto di una richiesta da noi presentata al Vaticano, prima ancora che giungesse l’invito ufficiale da parte della Conferenza Episcopale Siciliana. A sostenerci in tale progetto c’erano anche i deputati originari della nostra Diocesi, pronti a sopperire a tutte le spese necessarie perché un invito di questo genere potesse essere fatto. Grande fu anche l’entusiasmo e la collaborazione sperimentata da parte della Giunta del Comune di Patti e dell’allora Sindaco avvocato Nino Trifilò. La visita del Papa fu legata alla visita pastorale alle Diocesi di Messina e Reggio Calabria: a Messina sabato 11 Giugno 1988 fu canonizzata la clarissa Eustochia Smeralda Calafato e nella mattinata di domenica 12 Giugno il Santo Padre fece quella che potremmo chiamare un’«apparizione» a Tindari, dal momento che al Santuario rimase poco meno di due ore, prima di ripartire alla volta di Reggio Calabria, per la conclusione del Congresso Eucaristico nazionale. L’evento fu lungamente atteso, desiderato e preparato in Diocesi sia con catechesi che con preghiere. Quel giorno risultò una giornata di grande fervore, gioia, pace, e anche di grandi sacrifici, perché a una certa ora del mattino fu chiusa la strada di accesso a Tindari per le macchine e la gente vi giunse a piedi dopo aver camminato anche per sei-sette chilometri. Dal punto di vista dell’organizzazione, la visita a Tindari fu per me una scuola, che mi consentì di preparare meglio l’accoglienza del Papa che successivamente, come vescovo di Agrigento, avrei dovuto effettuare nella città dei Templi (nel 1992). Ho imparato, infatti, che bisognava consentire al Santo Padre di svolgere tutto il programma con pace e serenità, senza caricarlo troppo di impegni. Se la visita ad Agrigento è riuscita talmente bene che il messaggio ivi lanciato dal S. Padre contro la mafia è rimasto nell’opinione pubblica, questo si deve al fatto che il Papa ha avuto parecchi spazi di tempo per la preghiera, per il riposo e quindi ha potuto esprimere il meglio di se stesso senza eccessi di stanchezza. Il segreto è stato quello appreso a Tindari. Il messaggio duraturo che ricavo dalla visita del Papa a Tindari è anzitutto la testimonianza di seguire il Signore sulla via della croce, senza lamento, con il gran desiderio che tutto possa servire per la salvezza dei fratelli e la causa del Vangelo. In questa testimonianza colgo il segreto della nostra vita, dal momento che nelle nostre famiglie non mancano pene e dobbiamo imparare a seguire il Signore con coraggio, offrendo le nostre sofferenze perché servano per la salvezza delle anime. Ci portiamo il ricordo del Papa che ha lungamente sostato davanti al Tabernacolo dentro il Santuario: è la forza misteriosa della preghiera, che sceglie queste occasioni per aver l’animo sempre orientato verso il Signore. Questo, per ogni discepolo, è il segreto: aver il cuore rivolto a Gesù presente nell’Eucaristia. Ricordo anche la festa dei fanciulli che erano stati vestiti con fazzoletti variopinti, in modo tale che si potesse vedere dall’alto dell’elicottero lo stemma del S. Padre. Anche questo piccolo aspetto che si rifà alla bellezza, che si aggiunge alle bellezze del Tindari, credo che dovrebbe qualificare la vita dei cristiani. A Patti si vivono tramonti di sogno, ci sono visioni straordinarie: ricordo, ad esempio, il teatro greco di Tindari che ha come sfondo le isole Eolie. Dobbiamo abituarci al linguaggio della bellezza. Noi sappiamo molto bene che la bellezza della bellezza è l’amore reciproco: questo è il messaggio che rivolgo ai miei fratelli che vivono a Patti”.
Introduzione del discorso tenuto da Giovanni Paolo II

La Provvidenza ha voluto che oggi, all’inizio di questa giornata domenicale, fossi qui, in mezzo a voi, ad augurarvi non solo “buona domenica”, così come si fa in una famiglia cristiana, ma anche a confermarvi nella fede e a sostenervi nel vostro cammino di speranza.
La domenica è vista dalla Chiesa come la “Pasqua settimanale”, il “giorno nuovo” che nasce dalla risurrezione di Cristo: questo giorno è destinato infatti ad essere in paradiso “giorno senza tramonto”, “festa senza fine”. Saluto e ringrazio il Vescovo, monsignor Ferraro, che con generosa dedizione guida ormai da un decennio la vostra comunità diocesana. Saluto il rappresentante del governo e il sindaco, con animo grato per le belle parole con cui hanno interpretato i comuni sentimenti. Saluto le autorità religiose e civili che con la loro presenza rendono più significativo questo nostro incontro. Saluto infine tutti voi, fedeli di questa illustre Chiesa di Patti, che siete saliti quassù così numerosi per testimoniarmi il calore del vostro affetto. La bellezza del luogo in cui ci troviamo, l’incanto che viene dalla contemplazione della natura, la gioia che abbiamo tutti nel cuore ci fanno presagire e gustare un’anticipazione di quella beatitudine totale, che ci sarà data nella patria celeste, verso la quale siamo avviati.




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